L’empatia, definita come la capacità di riconoscere, condividere e rispondere alle emozioni altrui, costituisce un tema di grande interesse nel campo della ricerca sulla cognizione e il comportamento animale. Questa capacità, non esclusiva dell’uomo, è stata osservata in diverse specie animali, suggerendo la possibilità di esperienze emotive condivise.
Tuttavia, rimane una questione aperta se tale capacità implichi una forma di autoconsapevolezza negli animali.
Uno degli aspetti fondamentali dell’empatia è il fenomeno noto come “contagio emotivo”, che rappresenta un livello elementare di risposta empatica.
Il contagio emotivo
Il contagio emotivo si verifica quando lo stato affettivo di un individuo induce una risposta fisiologica analoga in un altro essere, indipendentemente dalla consapevolezza di tale stato emotivo.
Diverse ricerche hanno documentato la presenza di contagio emotivo in varie specie, tra cui scimpanzé, ratti, topi, piccioni e galline. In particolare, il cane, a seguito della sua lunga storia di domesticazione e del suo stretto legame con l’uomo, è un candidato ideale per esplorare questa primitiva forma di empatia, specialmente nel contesto della relazione con gli esseri umani.
La ricerca
Per approfondire questa tematica, uno studio recente ha indagato il contagio emotivo nei cani, utilizzando un approccio simile a quello adottato nella ricerca sull’empatia umana. In particolare, i ricercatori hanno esaminato le reazioni canine al pianto dei neonati, un suono ritenuto un potente stimolo empatico nell’ambito umano. Questo approccio si basa sull’ipotesi che il pianto del neonato, generatore innato di empatia, attivi risposte ormonali e comportamentali sia negli umani che nei cani.
Nello specifico, lo studio condotto in Nuova Zelanda ha coinvolto 75 cani e 74 persone, esponendoli a tre diversi tipi di suoni:
- il pianto di un neonato umano,
- i balbettii di un neonato
- del rumore bianco.
L’obiettivo era analizzare se e in che modo questi suoni influenzassero i livelli di cortisolo e i comportamenti sia negli umani che nei cani.
I risultati hanno rivelato che sia gli umani che i cani mostravano un incremento significativo dei livelli di cortisolo solo in risposta al pianto del neonato. Inoltre, i cani esibivano comportamenti di allerta e remissivi, interpretando il pianto come un suono avversivo, similmente agli esseri umani.
Queste scoperte indicano che i cani, come gli umani, mostrano una risposta fisiologica specifica al pianto dei neonati, un indicatore di contagio emotivo. Ciò rappresenta una delle prime evidenze di una forma di empatia interspecie, dimostrando che i cani possono rispecchiare emotivamente il disagio umano.
Tuttavia, questi risultati non confermano ancora la presenza di una teoria della mente o di un’empatia cognitiva avanzata nei cani. È plausibile che il pianto, a causa della sua forte associazione con l’empatia, induca un aumento del cortisolo tramite la sua capacità di trasmettere angoscia e attivare il cervello sociale. Questo fenomeno è coerente con l’idea che una forma primitiva di empatia, come il contagio emotivo, possa avere origini in sistemi neurali antichi presenti nei mammiferi.